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Immigrazione ed Australia potrebbero rappresentare una vera e propria dicotomia, iniziata circa 51.000 anni fa, quando gli antenati degli australiani – gli aborigeni –  arrivarono sul continente attraverso le isole dell’arcipelago malese e della Nuova Guinea.

Da terra inospitale, inesplorata e lontana dal resto del mondo, l’Australia è diventata uno dei paesi dove meglio si vive al mondo; un esempio da seguire in termini di crescita economica.

Indovinate grazie a chi ed a che cosa? Grazie ai flussi immigratori, grazie agli immigrati!

Infatti, l’efficacia della sua politica migratoria ha dato-  finora – all’Australia grossi vantaggi in termini di domanda, consumi e occupazione.

Secondo i maggiori economisti, i flussi migratori degli ultimi decenni hanno protetto il Paese dalla recessione, anche nei momenti più difficili dell’ultima crisi economico-finanziaria mondiale.

Grazie al contributo dei Permanent Visa –  ovvero gli stranieri che hanno ottenuto lo status residenza permanente in Australia – negli anni 2014-15 la nazione ha avuto un incremento dello 0.1% del PIL pro capite e, in generale, dell’economia del Paese. Rendendo l’Australia un paese più ricco.

Analogo discorso per la produttività, con un apporto del 10% da parte degli “immigrati permanenti” o “nuovi australiani”, accusati troppo spesso (ed ingiustamente) di sottrarre il lavoro ai locali, interferendo sui tassi di occupazione.

Questi risultati sono stati raggiunti, soprattutto grazie alle politiche migratorie attuate dai governi australiani, creando un modello invidiato il tutto il mondo in termini di efficacia ed effetti ottenuti.

Un modello di integrazione totalmente opposto, per esempio, a quello europeo, basato sul controllo dei confini, sulla regolamentazione dei flussi – grazie ad accordi con altri paesi – e sulla selezione degli “skilled migrants” (migranti con qualifiche), dove – oltre a valutare l’età, l’istruzione e la fedina penale del candidato – si prende in considerazione la tipologia di lavoro del migrante in relazione all’economia locale.

Premiando, inoltre, gli individui con skills e con un know-how in grado di arricchire e di apportare benefici all’intera comunità.

Mentre i Paesi membri dell’Ue sono ancora alla ricerca di un nuovo modello condiviso per il contrasto dell’immigrazione illegale, l’Australia attua una politica ferrea (vedi l’operazione Sovereign Borders e la campagna mediatica “No Way” per scoraggiare i migranti a partire), ma – senza dubbio – efficiente.

Ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti: qualità della vita, benessere socio-culturale, crescita economica costante, alto tasso di occupazione, partecipazione civica, multiculturalismo, alto livello di istruzione scolastico, infrastrutture all’avanguardia.

Tutti aspetti che hanno un comune denominatore: l’immigrazione.

Senza di essa l’Australia non potrebbe crescere ai ritmi attuali. E, probabilmente, nemmeno esisterebbe.

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